
Riflessioni in Back Galley #1 – Gli assistenti di volo e il Wanderlust
“Non si deve restare attaccati ad una persona: sia pure la più amata; – Ogni persona è una prigione ed un rifugio. Non bisogna restare attaccati ad una patria; sia pure la più sofferente e la più bisognosa di aiuto; – è già meno difficile liberare il proprio cuore da una patria vittoriosa. ”
-Nietzsche, 1886, Al di là del bene e del male
Ho ripercorso tante volte nella mia mente il momento in cui ho deciso di mettere le ali e volare; tra le nuvole, tutte le volte che volevo.
Mi sono chiesta più volte cosa mi ha spinto ad intraprendere la carriera di assistente di volo; è uno degli argomenti principale su cui confrontarsi con i colleghi in back galley.
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Se ripenso a molti anni fa, rivivo quella sensazione di incompletezza, quella foga di conoscere, quella smania di visitare terre sconosciute, quella voglia di incontrare persone nuove che non mi facevano dormire.
I giorni interi a guardare foto di luoghi che non avevo ancora visitato, guardare video di traveller su YouTube e immaginarmi di essere a loro posto.
Mi ricordo che una volta sono rimasta incantata difronte ad una foto del Taj Mahal al tramonto: mi dicevo che non c’era niente di più bello.

Una volta ho passato una giornata intera a guardare la cartina del mondo e immaginarmi come sarebbe stato visitare l’Alaska.
Sono sicura che se stai leggendo questo articolo, sono emozioni che hai vissuto anche tu.
Molti di noi cercano di placare questa smania viaggiando.
Altri, come me e te, decidono di farla diventare un lavoro.
E così, sono diventata assistente di volo.
Ed anche così, puoi diveltarlo anche tu.
Oggi tutti noi sappiamo che c’è un termine che descrive questo indescrivibile voglia di viaggiare: la chiamano Wanderlust.

Questa è la “malattia” dei nostri tempi: la malattia di chi ha una sfrenata voglia di conoscere il mondo, di partire, anche senza meta.
Ma non ti preoccupare, non siamo dei fanatici.
Non è una fissazione: la scienza dice…
Le persone che hanno una voglia sfrenata da organizzare viaggi, che parlano ininterrottamente dei posti visitati, che hanno sempre voglia di conoscere gente nuova, meglio se straniera, non sono “fanatici”, ma soffrono della cosiddetta “sindrome da Wanderlust”.

Si è scoperto, quindi, che esiste un gene che accomuni tutti i “wanderlaster”, una variante del recettore DRD4 73 che agisce direttamente sul livello di dopamina del cervello e che stimola la curiosità verso l’esotico e lo sconosciuto.
Questo “gene del viaggio” ci renderebbe più o meno sensibili agli stimoli esterni grazie ad una funzione collegata a quella della dopamina, che come già sanno coloro che praticano sport, condiziona in modo importante gli equilibri dell’umore.
Si è anche scoperto che non tutti sviluppano questa variante, ma è stata riscontrata solo nel 20% della popolazione mondiale.
Io e te, quindi, facciamo parte di quel 20%.
E sindrome o no, viaggiare è la cosa più bella del mondo!
E voi, come ve la “fate passare” la sindrome da Wanderlust?
Fonti: https://www.psiconline.it/le-parole-della-psicologia/sindrome-di-wanderlust.html
Per approfondimenti scientifici
ChuanshengChen, 1999, Population migration and the variation of dopamine D4 receptor (DRD4) allele frequencies around the globe

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